Ancora poco tempo e del dramma della «Concordia», non resteranno più pezzi. Quella che era la più grande nave passeggeri italiana è finita in pezzi, e uno di questi, dal peso di 600 tonnellate, è in fase di smantellamento molto lontano dal mare: a Piancogno.
Una parte importante dei motori, quella elettrica, è infatti approdata alla «Vi.Bi. Elettrorecuperi», una società-impresa di Piamborno che occupa una posizione di livello mondiale nel recupero e nello smaltimento di apparecchiature elettriche fuori uso: recentemente e per i prossimi 12 mesi ha acquisito dal gruppo francese Edf un ordine da 8 milioni per la demolizione di trasformatori sul territorio transalpino.
La Vi.Bi. è riuscita a portare in Valle gli enormi propulsori di spinta delle due grandissime eliche che muovevano il natante della Costa crociere. «Costa Concordia funzionava sulla base di 6 motori diesel che trainavano in asse 6 alternatori che a loro volta alimentavano tutta la nave – spiega Vigilio Bidasio, presidente della srl -; compresi i due grossi motori da 120 tonnellate su cui erano inserite le due eliche principali. Per il nostro gruppo è un orgoglio e un vanto essere riusciti ad acquisire questo importante macchinario dell’allora più grande nave da crociera nazionale: verrà smantellato nei nostri capannoni separando il rame dal ferro. Stiamo raccogliendo i frutti di tanto impegno e sacrificio in Italia e soprattutto all’estero, premiati anche con l’assegnazione degli alternatori del transatlantico».
Per verificare la serietà dell’azienda e il grado di preparazione del personale, da Genova (la Concordia è in fase di avanzato smantellamento nel bacino navale ligure) sono arrivati a Piamborno i tecnici della società che si era aggiudicata l’appalto per la demolizione.
Per questa operazione, La Vi.Bi. ha avuto l’appoggio della Fratelli Omini, una spa di Novate Milanese colosso delle demolizioni industriali con la quale l’azienda camuna ha rapporti.
Bidasio risfodera ancora d’orgoglio per il risultato quando sottolinea che «siamo stati selezionati tra almeno una ventina di aziende concorrenti e subito dopo l’assenso della capofila abbiamo provveduto a far trasportare in più fasi a Piamborno dai fratelli Bontempi i motori del transatlantico».